È normale, nel tempo, osservare una diminuzione del coinvolgimento da parte degli iscritti ad una mailing list; è assolutamente fisiologico, specialmente se si tratta di contatti di vecchia data.
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Qualora questa condizione inizi a essere presente in una percentuale elevata, è bene fermarsi e fare alcune riflessioni.
Una delle azioni, che solitamente viene messa in atto di fronte ad una importante presenza di utenti inattivi, prende il nome di “campagna di re-engagement” o “campagna di riattivazione” utile da un lato a coinvolgere nuovamente i vecchi contatti inattivi, riuscendo con grandi probabilità a conseguire qualche vendita contestuale, e dall’altro a ripulire la mailing list, evitando di investire su persone che non sono più interessate o, peggio ancora, di essere categorizzati come spam 😱
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Campagne di re-engagement o riattivazione di utenti inattivi: di cosa si tratta e come si realizzano
Una campagna di riattivazione o re-engagement consiste in un numero variabile di email da inviare agli utenti inattivi. Tali contatti si contraddistinguono per non avere aperto nemmeno una nostra email per un lungo periodo, da valutare caso per caso, in base alla frequenza dei nostri invii. Generalmente il tempo considerato varia tra i due mesi e un anno.
L’obiettivo di questa strategia di email marketing è di portare questi contatti all’apertura dell’email di sollecito, grazie ad un forte incentivo presentato nell’oggetto della comunicazione.
Come abbiamo accennato sopra, il fine di questa attività è primariamente ridurre il tasso di abbandono, aumentando il coinvolgimento degli utenti. Tuttavia, non è raro che una campagna di re-engagement riesca a portare delle conversioni.
La differenza sostanziale con una campagna promozionale normale è che, nel momento in cui gli utenti contattati non commettono un’azione, nonostante vengano sollecitati successivamente ad aggiornare le proprie preferenze di ricezione email, si dovrà procedere con la loro rimozione dalla mailing list.
Questa operazione è indispensabile per salvaguardare le analisi statistiche, che altrimenti risulterebbero inficiate da una percentuale importante di utenti inattivi.
CONCRETAMENTE.. 🔧
Campagne di riattivazione: 3 motivi per attuarla
Vediamo nel dettaglio i motivi concreti per i quali è consigliabile attuare una campagna di riattivazione.
1. Salvaguardano le statistiche sui tassi di consegna
Una percentuale alta di utenti inattivi causa un problema potenzialmente grave: il danneggiamento della reputazione del mittente. Gli internet service provider, come Gmail e Microsoft, quando rilevano una presenza importante di utenti che non aprono le email ricevute, iniziano a inviare questi messaggi direttamente nella cartella spam 😱
Attraverso una campagna di re-engagement è possibile tenere pulita la propria mailing list, proteggendosi da questo insidioso pericolo.
2. Le statistiche sulle metriche di coinvolgimento saranno più precise
Possedere una percentuale consistente di utenti inattivi, indipendentemente dall’appeal dell’email o dall’importanza dell’incentivo proposto, non fa altro che falsare le statistiche di email marketing, andando a oscurare tutti quegli utenti che invece interagiscono correttamente.
Avere delle statistiche imprecise non consente di avere un ritorno di dati veritiero per l’analisi della strategia di email marketing attuata.
3. Costa meno riattivare contatti già iscritti che acquisirne di nuovi
Infine, vi è una motivazione ancora più concreta che riguarda la sfera economica. Sollecitare utenti già iscritti, attraverso il re-engagement, è sicuramente più economico che mettere in atto procedure per acquisirne nuovi, attraverso attività di Pay per Click e SEO. Oltretutto, è molto più semplice portare alla conversione un vecchio cliente che uno nuovo, si parla di un tasso di successo medio del 60-70%.
4. Come attivare una campagna di re-engagement: i 6 step principali
Innanzitutto, per partire, è necessario individuare le caratteristiche differenziali che ci permettono di definire il gruppo di utenti inattivi. In sostanza, bisogna stabilire da quanto tempo un iscritto non deve aver compiuto un’azione, per entrare nella lista della campagna di riattivazione.
Per esempio, il fattore discriminante potrà essere la mancata apertura nelle nostre comunicazioni negli ultimi due, tre, quattro mesi. Fatto questo, avremo il nostro gruppo di utenti inattivi, che dovranno essere esclusi dalle campagne promozionali e che invece riceveranno i nostri tentativi di re-engagement.
Il flusso della campagna di riattivazione può essere descritto in sei step fondamentali 6️⃣
1. “Ehi, torna da noi”
In questa prima fase, lo scopo è ottenere l’attenzione del destinatario, offrendo – a partire dall’oggetto dell’email – un valore aggiunto che si traduce solitamente in un incentivo. Ad esempio, se questi contatti sono rimasti indifferenti ai nostri contenuti anche in forma promozionale, si può optare per un omaggio a fronte di un acquisto o anche fine a sé stesso.
2. “Non dimenticare la nostra offerta”
Dopo una o due settimane, è bene richiamare l’offerta attraverso un secondo contatto.
3. Alzare la posta in gioco
Se le prime due email non hanno sortito alcun effetto e non sono state nemmeno aperte è possibile inviare una terza comunicazione con un incentivo ancora più interessante. Utilizzare la migliore offerta possibile, può essere la giusta strategia.
Si può optare per una promozione al di sopra di quelle che siamo abituati a proporre, in quanto – come abbiamo detto poco sopra – recuperare contatti inattivi è più conveniente che crearne nuovi.
A questo punto, alcuni contatti apriranno la nostra email e, anche se non aderiranno, potranno essere inclusi nuovamente nella nostra lista principale. Potremo in sostanza ritenere di aver riattivato il loro interesse nei nostri confronti.
4. L’ultima email
Il quarto step consiste nell’ultima email della nostra campagna di riattivazione.
A questo punto, come ultima possibilità, possiamo provare a rivalutare l’oggetto della nostra email. Ci sono utenti che ignorano per partito preso le newsletter promozionali, in questo caso vale la pena rielaborare l’oggetto della comunicazione in maniera più originale.
Ad esempio: “Davvero vuoi lasciarmi?” o “E’ un addio?”. Un tono inusuale come questo potrebbe attirare la loro attenzione, finalmente.
Per quanto riguarda invece il contenuto della comunicazione, a questo punto dovremo invitare il destinatario a decidere se continuare a ricevere le nostre comunicazioni, cambiare le preferenze riguardanti la frequenza degli invii o le tematiche o infine annullare definitivamente la propria iscrizione.
5. Spostare gli utenti inattivi in un segmento ad hoc
Arrivati a questo punto, avremo ancora utenti inattivi – ovvero quelli che non hanno compiuto nemmeno la scelta descritta nello step precedente – e dovremo segmentarli all’interno della nostra mailing list e dedicare a loro invii decisamente sporadici, eventualmente solo le due migliori promozioni previste durante l’anno. Nel momento in cui questi utenti dovessero aprire una nostra email, verranno inclusi nuovamente nella lista dei contatti attivi.
6. Per ultimo: rimozione degli inattivi
Se dopo un anno e dopo aver inviato le email relative alle nostre promozioni più importanti, questi utenti non avranno mostrato nessuna reazione, sarà decisamente meglio annullare la loro iscrizione.
I NUMERI 📊
Misurare i risultati di una campagna di re-engagement
Per valutare il rendimento di una campagna strutturata come quella che abbiamo appena descritto, a fine attività sarà necessario osservare i seguenti fattori:
1. La dimensione del segmento non coinvolto
Se ci troviamo davanti ad una percentuale inferiore rispetto a quella di partenza, possiamo considerarci soddisfatti: la nostra campagna ha funzionato. Questo vale anche se l’oscillazione è molto piccola, ad esempio del 5%.
2. La percentuale di apertura
Partendo dal presupposto che, fisiologicamente, le percentuali di apertura non saranno mai paragonabili a quelle di una newsletter promozionale diretta a tutta la mailing list, è necessario considerare che raggiungere il 3-5 % di lettori deve essere considerato un successo.
SPECIAL CARE 🤗
Cosa succede dopo una campagna di riattivazione?
Innanzitutto, dovremo osservare il comportamento degli utenti riattivati. Sarà interessante capire come si comportano rispetto alla possibilità di acquistare i nostri prodotti o servizi. Questi utenti, inoltre, necessiteranno di una cura particolare, bisognerà incoraggiarli con attività di brand awareness e promozioni mirate, per fidelizzarli nuovamente e ancorarli saldamente al nostro gruppo di utenti attivi e spendenti.
Come abbiamo visto, la mailing list richiede una cura minuziosa. Tuttavia, ciò non comporta l’obbligo di trattenere a sè utenti inattivi. È decisamente meglio attuare campagne di re-engagement per riattivare da un lato i contatti semplicemente “dormienti” ed eliminare dall’altro quelli non interessati, al fine di avere una mailing list funzionale ed in grado di restituire statistiche attendibili per lo sviluppo delle nostre migliori strategie di email marketing.