Come evitare la black list? Facile! E’ sufficiente adottare una strategia di email marketing corretta e poche semplici misure.
La black list è trappola delle trappole dell’email marketing, quel buco nero digitale che, una volta che ci si è finiti dentro, non è più possibile uscirne e impedisce di raggiungere i propri contatti email distruggendo pure la reputazione del mittente.
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Vediamo cos’è una black list, perché è pericolosa per l’email marketing e cosa fare (ma soprattutto cosa non fare!) per evitarla.
Come molti sapranno le parole black list, tradotte letteralmente lista nera, sono un termine inglese che indica un elenco di soggetti, utenze o indirizzi ai quali è impedito l’accesso ad un bene, servizio o risorsa. È quindi un concetto utilizzato in molteplici campi, dall’economia all’areonautica.
In particolare, nel campo informatico, la black list è un programma di difesa perimetrale attorno a una rete (firewall) che la protegge limitando l’accesso alle fonti incluse nella lista nera.
Per fare un esempio pratico molto semplice, se la black list per la navigazione include un determinato sito internet, sarà impossibile accedere a quel determinato indirizzo web, in quanto tale sito è considerato come pericoloso o non idoneo.
In generale, quindi, lo scopo della black list è quello di impedire l’accesso di determinati contatti inclusi nella lista e proteggere l’utente da attacchi esterni, fonti non idonee, indesiderate o ritenute pericolose.
Fatta questa premessa, addentriamoci nel mondo della black list nell’email marketing, per meglio capirne le dinamiche e le strategie da mettere in atto per evitare di finirci dentro.
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Email Marketing: cos’è una black list?
La black list nel campo dell’email marketing rappresenta una base dati analoga alle classiche liste nere di cui abbiamo parlato sopra, ma comprende indirizzi IP o domini di email che sono stati segnalati e che pertanto non sono più autorizzati alla comunicazione. Tale black list è ovviamente in costante aggiornamento e può essere modificata nel tempo.
Come facilmente intuibile, le black list si basano fondamentalmente su indirizzi IP e domini.
Ne consegue che la lista nera del primo tipo include liste di IP di singoli computer noti per l’invio di spam, di server dai quali viene inviato spam o di provider di posta elettronica dai cui domini viene inviato spam; la seconda fa riferimento a liste di domini dai quali si suppone vengano inviate email contenenti testo classificabile come spam.
Lo scopo, in entrambi i casi, è quello di proteggere il destinatario da comunicazioni di marketing aggressivo e indiscriminato, con messaggi ripetuti e ad alta frequenza, spesso monotematici e tali da essere sgraditi a chi li riceve.
Nel momento in cui un indirizzo IP viene incluso nella lista nera e segnalato come fonte di spam anche una sola volta, non potrà più raggiungere i suoi contatti in quanto le sue mail risulteranno sempre bloccate e subito archiviate nell’apposita cartella di spam.
Come si finisce in black list
I modi per cadere nella trappola della black list sono fondamentalmente due: per volontà del destinatario oppure per via di una spam trap detta anche honeypot.
Vediamo entrambe le situazioni e chiariamo la differenza tra le due.
Nel primo caso il destinatario, pur essendo iscritto alla lista contatti del mittente, segnala l’indirizzo da cui proviene la comunicazione come spam. Questo accade quando, ad esempio, il destinatario riceve messaggi che ritiene indesiderati o non pertinenti. O ancora, riceve troppe email o non ricorda di essersi iscritto alla newsletter in questione.
Passiamo ora a descrivere il caso delle spam trap o honeypot.
Nella black list, infatti, ci si può finire anche per via di un honeypot (chiamato in gergo informatico spam trap), vale a dire un sistema che funge da trappola per proteggere da attacchi informatici. Uno spam trap è un indirizzo email che appare come assolutamente normale, ma in realtà è monitorato da aziende che si occupano dell’identificazione degli spammer e della creazione di liste anti-spam.
Sono tra gli strumenti maggiormente utilizzati dai grandi provider e possono essere distinti in spam trap incontaminate e spam trap riciclate.
Le spam trap incontaminate sono degli indirizzi email appositamente creati per agire come spam trap.
Non essendo appartenenti a nessun vero contatto, non sono iscritti ad alcuna mailing list o database: ne consegue che tutte le email che ricevono saranno solo e solamente a seguito di scraping o acquisti di database di indirizzi email.
Un indirizzo email che finisce nella lista nera a causa delle spam trap incontaminate avrà, oltre al danno concreto derivante dall’inibizione alla comunicazione da quell’utenza, anche un danno di immagine e reputazione qualora si tratti di indirizzi aziendali.
Questo perché finire in una spam trap di questo tipo significa aver raccolto indirizzi mail in maniera illecita e senza esplicito consenso.
Le spam trap riciclate, invece, sono indirizzi email in disuso da anni e pertanto classificate come inattive. Per questo motivo si parla di spam trap “riciclata”: si tratta di un indirizzo che è stato attivo in passato e non originariamente creato per essere una trappola per posta indesiderata.
Evitare di finire in black list: come?
Per non correre il rischio di essere inseriti in black list o segnalati come spammer, è fondamentale adottare 2 semplici ma importanti misure:
- non inviare mai email a indirizzi che non hanno dato esplicito consenso meglio se attraverso il double opt-in, ovvero il processo in due passaggi per le nuove iscrizioni, che consente agli utenti di aderire ad una mailing list.
- Non acquistare o noleggiare, in nessuna circostanza, liste di indirizzi email da terzi
In generale, comunque, è sempre bene porsi le domande giuste prima di procedere con l’invio di newsletter e email di marketing.
Il suggerimento principale è quello di domandarsi se il destinatario ha davvero bisogno di ricevere la comunicazione in questione o se, al contrario, questa potrebbe essere percepita come posta dai contenuti superflui o indesiderati.
Per evitare di finire in black list, inoltre, è necessario assicurarsi che sia presente, nella parte finale della mail, un apposito link di cancellazione per gli utenti che desiderano revocare il consenso all’invio di email.
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